A pagina trentatre del “Corriere della Sera” di giovedì 29 settembre, un articoletto di ventuno righe su una colonna e mezzo informa che: “…Nella relazione all’assemblea del 28 ottobre si legge che è pari a 88 milioni il costo complessivo del bonus stabilito per l’esercizio 2010/2011, destinato al personale più rilevante dell’istituto, cioè alle circa 120 figure chiave di Piazzetta Cuccia. Gli 88 milioni sono parzialmente erogati quest’anno, mentre il resto, quasi tutto spesato in questo esercizio, viene erogato in parte cash e in parte equity pro rata nel prossimo triennio, in modo vincolato al raggiungimento di alcune condizioni”.
In termini proprio opposti rispetto allo spazio coperto sulla carta stampata, la notizia è di una gravità enorme, scandalosa, da far trasecolare non solo le umane, comuni creature, bensì addirittura le lumache. E la citazione cade sui simpatici e gustosi gasteropodi, non a caso, bensì essendo, i medesimi, simboli, prototipi per eccellenza di fiacchezza e compassata imperturbabilità.
Ma come, è un continuo predicare che ci si trova sull’orlo della crisi più nera, che non vi sono stille di lacrime per piangere e lì, in Piazzetta Cuccia (v’è da scommettere che il mitico e morigerato Dottor Enrico, sia sobbalzato nella tomba), si pone in delibera un’assegnazione pazzesca, stratosferica, ragguagliabile, in media, a 733.000 euro pro capite. Un premio, o se la definizione è preferita, una retribuzione mobile (ovviamente integrativa della parte fissa) che non starebbe né in cielo né in terra, quand’anche i magnifici 120 dell’istituto avessero compiuto il miracolo di annullare, coprire, eliminare l’intero debito pubblico italiano.
Per favore, non si parli di parametri in linea col mercato, di criteri standard, il provvedimento adottato suona come una schifezza, un oltraggio al comune senso sociale. A voler essere magnanimi, gli 88 milioni di prebende andrebbero ridotti quantomeno alla decima parte e, volendo, ciò si può fare benissimo.
In ultima analisi, la stessa assemblea degli azionisti dovrebbe dire no alla proposta.
Intanto, per quel minimo o niente che può valere, l’auspicio è che le presenti note di riprovazione e di rifiuto civico trovino ospitalità e il più ampio canale di propagazione.
29 settembre 2011
Rocco Boccadamo